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  • : Mens sana in corpore sano
  • : informazioni, news e curiosità legate al tema salute, intesa come benessere fisico e psicologico, perché ogni persona è il risultato dell'equilibrio tra psiche e soma
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Testo Libero

30 maggio 2012 3 30 /05 /maggio /2012 17:42

imagesCA58L6EY.jpgDal 21 maggio al 15 giugno, in 15 città italiane, sarà possibile sottoporsi gratuitamente al test che rileva l’infezione da virus dell’epatite B. Per sottoporsi al prelievo del sangue è necessaria la prenotazione al laboratorio analisi di una delle città che aderisce all’iniziativa, oppure al numero verde 800.027.325. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito on line epatite2012.it. L’iniziativa “Epatite B: usa la testa fai il test coinvolgerà, da nord a sud, le seguenti città: Milano, Brescia, Bergamo, Padova, Torino, Reggio Emilia, Pisa, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Foggia, Cagliari, Messina e Palermo. La campagna è promossa da Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, Società Italiana di Gastroenterologia, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, Società Italiana di Medicina Generale, con il supporto della Federazione Nazionale delle Istituzioni Sanitarie Ambulatoriali Private.

L'epatite B è una malattia infettiva causata dal virus HBV. E' la principale causa di malattie croniche del fegato e di decesso per malattie epatiche nel mondo. Il virus HBV è molto contagioso e colpisce il fegato. Nell’organismo infettato le cellule epatiche sane vengono danneggiate e nel tessuto si formano cicatrici che alterano il funzionamento della ghiandola epatica. I danni sono gravi, si va dall’infiammazione alla fibrosi, dalla cirrosi al tumore. In Italia l'epatite B preoccupa per la sua crescente diffusione, l’infezione cronica è arrivata a colpire circa 700.000 persone. Nel 30 per cento dei casi la malattia è asintomatica, quando i sintomi ci sono, possono, però, essere sottovalutati perché simili a quelli dell’influenza (febbre, stanchezza o spossatezza, dolori muscolari, mancanza di appetito, dolore allo stomaco, occhi e/o pelle di colore giallastro). L'unico modo per accertare l’infezione è quello di sottoporsi alla visita di uno specialista e a un esame del sangue, che si può effettuare a digiuno o anche a stomaco pieno.

 

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24 aprile 2012 2 24 /04 /aprile /2012 11:15

imagesCANT7TYLOgni giorno in Italia venti persone scoprono di essere affette da melanoma, in un anno si contano 1.500 decessi. Nell’ultimo decennio la forma più aggressiva di tumore della pelle ha avuto un incremento del 30 per cento, sfiorando i 200.000 casi all’anno. Sull’argomento si è espresso il dottor Alessandro Testori, Direttore Divisione melanomi e sarcomi muscolo cutanei dell'Istituto Europeo di Oncologia, Milano. Testori nel corso di una recente video intervista pubblicata da Pharmastar, fa il punto sulla malattia, chiarendo aspetti clinici, diagnostici e terapeutici. Di seguito riporto per intero il contenuto dell’intervista.

 

Dottor Testori cos’è il melanoma?"

Il melanoma è il tumore della cute più importante, non tanto per l’incidenza, in quanto altri tumori della pelle, come i basaliomi sono più frequenti, ma per quel che riguarda le conseguenze. Il 95 per cento della mortalità da tumori cutanei è, infatti determinata dal melanoma. Il melanoma è il tumore delle cellule melanocitarie, che si sviluppa nella gran parte dei casi, 90/95 per cento, dalla cute dei pazienti, anche se spesso può manifestarsi con metastasi senza che ci sia un’evidenza di tumore primario. 

 

Parliamo di epidemiologia, ci dà qualche dato?

Il melanoma ha un’incidenza di circa 7.000 casi all’anno in Italia, 200.000 nel mondo, è il secondo tumore come aumento dell’incidenza dopo il tumore al polmone nelle donne ed è uno dei tumori da sempre più studiato per quanto riguarda il coinvolgimento terapeutico che questa malattia implica. Per gli studi di tipo immunologico per esempio che sono di grandissimo interesse e che poi possono fare da veicolo per le terapie di altre malattie.

 

Lei ci ha detto che il melanoma sta aumentando, quali sono le cause?

Le cause del melanoma sono cause in parte conseguenza di un mutamento delle abitudini che tutti noi abbiamo da 50/60 anni a questa parte. L’esposizione al sole è sicuramente coinvolta nell’aumento dell’incidenza del melanoma. Va detto che l’esposizione al sole è un aspetto che interessa prevalentemente la giovane età, il 70/75 per cento della nostra esposizione viene acquisita nei primi vent’anni di vita e quindi dobbiamo davvero cercare di educare i ragazzi, i bambini e i genitori al  fatto che un’eccessiva esposizione solare possa essere dannosa. Il numero di scottature è un aspetto importante che si correla soprattutto con l’esposizione intermittente, quella delle persone che normalmente vivono in città e che vanno al mare, al sole, soltanto per brevi periodi dell’anno, tant’è che, come sappiamo, i muratori, i contadini, i marinai hanno un’incidenza bassa di melanoma rispetto alle persone che vivono in città.

 

Ci spiega in sintesi la storia naturale del melanoma?

Il melanoma insorge nella gran parte dei casi dalla cute, da una lesione pigmentata preesistente o da un melanoma che nasce già come patologia tumorale. L’obiettivo principale ovviamente è la diagnosi precoce e quindi l’asportazione. Le fasi successive della malattia sono la diffusione attraverso le vie linfatiche e attraverso la via ematica. Per quanto riguarda la via linfatica abbiamo degli strumenti importanti che riguardano l’ambito chirurgico, la biopsia del linfonodo sentinella è fondamentale, prima scopriamo la presenza di metastasi ai linfonodi loco-regionali e meglio è dal punto di vista prognostico. L’atto chirurgico è poi quello che sancisce la fase di chiusura di quello che è il trattamento veramente efficace di questa malattia, che nella sua situazione più importante consiste nell’asportazione di tutti i linfonodi loco-regionali rispetto al punto in cui si era manifestato il melanoma. Quando la malattia è al quarto stadio il ruolo di noi chirurghi è inferiore, anche se quando è possibile anche con una malattia metastatica dobbiamo proporre un intervento chirurgico. Quando non riusciamo ad asportare tutta la malattia dobbiamo affidarci alla terapia medica, che da un anno a questa parte ha avuto novità veramente importanti caratterizzate dalla ricerca, che ci ha permesso di dimostrare come due farmaci, ipilimumab e vemurafenib, hanno ottenuto un miglioramento della sopravvivenza del paziente. Certamente è il primo step, da qui poi partiranno nei prossimi anni una serie di nuove proposte terapeutiche, dove combineremo i nuovi farmaci, da un lato, per quanto riguarda l’immunoterapia, dall’altro, per quanto riguarda la terapia molecolare, la terapia target, dove il concetto fondamentale non sarà tanto curiamo tutti i pazienti allo stesso modo, ma selezioniamo i pazienti da curare con un farmaco perché abbiamo dimostrato sulla base di aspetti molecolari che quel farmaco può essere efficace nella cura di questa malattia in quel paziente.

 

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18 aprile 2012 3 18 /04 /aprile /2012 16:09

images-copia-10Ogni anno in Italia si registrano 200.000 casi di ictus. L’infarto cerebrale è la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e il cancro, è, inoltre, la principale causa d’invalidità. Nel mese dedicato alla prevenzione della malattia, l’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale (A.L.I.Ce) ha promosso sul territorio nazionale una campagna di prevenzione. Dal 21 al 28 aprile, nelle oltre tremila farmacie che hanno aderito all’iniziativa, sarà possibile effettuare gratuitamente la misurazione della pressione e della fibrillazione atriale.

L’ictus, si legge sul sito della federazione, è considerato, a torto, una malattia incurabile ed inevitabile. Molti non sanno che l’uso di farmaci specifici, immediatamente dopo l’esordio dei sintomi, può salvare dalla morte ed evitare gravi disabilità. Pochi sono a conoscenza dell’importanza delle Unità Urgenza Ictus (Stroke Unit), dove personale esperto, grazie a protocolli di cura definiti, è in grado di salvare più vite di qualunque trattamento farmacologico. Il messaggio che lancia A.L.I.Ce è che l’ictus si può e si deve prevenire, delineando, per le persone a più alto rischio, trattamenti mirati e personalizzati per i quali si hanno evidenze scientifiche di efficacia.

 

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24 gennaio 2012 2 24 /01 /gennaio /2012 01:23

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Da fine settembre 2011 è disponibile sul web una guida pratica gratuita per pazienti, familiari e medici che si trovano ad affrontare le difficoltà e i disagi causati dal disturbo bipolare. La vita a due velocità è scaricabile dal sito disturbobipolare.info e da cittadinanzaattiva.it, inoltre, al numero 06.54.17.093 e attraverso il sito disturbobipolare.info, è possibile richiedere, sempre gratuitamente, una copia stampata  La guida ha superato le 4.000 copie, arrivando alla seconda ristampa in meno di quattro mesi. Il manuale è la versione italiana dei risultati della ricerca multidisciplinare di un Comitato Editoriale e di uno Steering Committee che riuniscono sedici tra i maggiori specialisti e le più rappresentative Associazioni di pazienti a livello europeo. Il progetto editoriale e la diffusione italiana è sostenuta da Bristol-Myers Squibb, mentre Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato è tra le Associazioni italiane che hanno partecipato alla stesura della guida.

Il disturbo bipolare compromette gravemente la qualità di vita di chi ne è affetto. L’alternarsi di fasi depressive e maniaciali, o ipomaniacali, anche se intervallate da periodo di remissione dei sintomi, mettono a dura prova le relazioni sociali, i legami familiari e l’attività lavorativa dei pazienti. Inoltre la malattia porta con sé un alto rischio di mortalità, 30 volte superiore a quello della popolazione normale, un 19% delle persone affette dal disturbo muore suicida. Le ipotesi sulle cause della malattia rimandano a fattori biologici, genetici e ambientali. L'incidenza totale del disturbo arriva all'1,2% negli uomini e all’1,8% nelle donne. Attualmente una cura definitiva per questo tipo di malattia non esiste, anche se un’adeguata terapia farmacologica e psicoterapica consente ai  pazienti di convivere con il disturbo, conducendo una vita soddisfacente sotto il profilo delle relazioni sociali, affettive e lavorative. 

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2 dicembre 2011 5 02 /12 /dicembre /2011 11:12

imagesCAMS3VJYSono trent'anni che la parola AIDS è entrata nella nostra vita, da quando negli Stati Uniti furono diagnosticati i primi casi di infezione. Nonostante l’impegno della ricerca un vaccino non esiste ancora, mentre sono stati fatti notevoli passi avanti nel trattamento dei pazienti con farmaci antiretrovirali. Oggi la sindrome da immunodeficienza acquisita è una malattia con cui si può convivere. In occasione della giornata mondiale contro l’Aids, celebrata il primo dicembre, il Ministero della salute ha presentato una serie di dati che permettono di fare il punto sulla diffusione della malattia nel nostro paese. Ogni giorno in Italia si contano otto nuovi contagi, in un anno sono tremila casi. L’infezione è più diffusa al centro-nord rispetto al sud, un terzo delle diagnosi riguarda cittadini stranieri e l’età media di chi ha scoperto l’infezione è di 35 anni per le donne e 39 per gli uomini.

In base alle segnalazioni raccolte nell’anno 2010 si è visto che la maggior parte delle infezioni, più dell’80%, è stata contratta in seguito a rapporti sessuali non protetti. Su tremila casi, 2.400 contagi potevano essere evitati dall’uso del profilattico. I dati rilevano un altro dato negativo, un terzo delle nuove diagnosi avviene in fase avanzata di malattia, quando il sistema immunitario è già stato gravemente danneggiato e la persona, non consapevole della positività, può trasmettere il virus a eventuali partner sessuali. La diagnosi tardiva di sieropositività riguarderebbe in prevalenza cittadini stranieri di oltre 40 anni, che hanno contratto l’infezione da rapporti eterosessuali. In attesa che la scienza regali al mondo la scoperta di un vaccino anti HIV, l’unico strumento per tutelarsi dal rischio di contagio rimane l'utilizzo del preservativo.

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25 novembre 2011 5 25 /11 /novembre /2011 19:16

stessL'esposizione prolungata a eventi stressanti danneggia il tessuto cerebrale. La scoperta arriva dagli States, da un team dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, guidato dallo psichiatra T. Byram Karasuche. I medici seguivano il disturbo post traumatico da stress di alcuni manager di Wall Street, manifestato in seguito agli eventi dell’11 settembre 2001. Da una comparazione delle risonanze magnetiche cerebrali dei soggetti in cura, hanno riscontrato una riduzione dell’ippocampo, simile a quella che si presenta nelle persone affette da demenza. Le elevate concentrazioni di corticosteroidi presenti nel corpo umano durante uno stress prolungato ucciderebbero le cellule cerebrali, riducendo le funzioni dell’ippocampo, tra cui la memoria a lungo termine.

 

Nella stessa direzione della ricerca di Karasuche, anche gli studi del San Francisco Veterans Affairs Medical Centre, pubblicati sul Journal of Neuroimaging, condotti sui veterani di guerra affetti da disturbo post traumatico da stress. Anche in questo caso la comparazione dell’ippocampo dei soggetti affetti dal disturbo, con quello dei veterani privi di sintomi, ne evidenziava una riduzione anatomica. Se attacchi terroristici e guerre sono eventi lontani dalla vita quotidiana della maggior parte di noi, il pericolo per la nostra salute arriva da eventi traumatici come la perdita del posto di lavoro, separazioni, divorzi e lutti. Sapere che lo stress riduce le cellule del nostro cervello non fa certo rilassare, ma aiuta di più conoscere il nemico per affrontarlo, che ignorarlo mettendo la testa sotto la sabbia.

 

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2 novembre 2011 3 02 /11 /novembre /2011 01:43

imagesCATM519M.jpgIl cancro della cervice uterina è una delle forme tumorali più frequenti nella popolazione femminile di tutto il mondo, il più diffuso è il tumore al seno. Numerosi studi epidemiologici, clinici e di biologia molecolare hanno evidenziato che l’infezione persistente da HPV causa il 99,7% dei tumori alla cervice uterina. Oltre al pap test un valido strumento per la prevenzione è  l’HPV-DNA test che permette di identificare il Dna del virus HPV (Human Papilloma Virus). Scoprire un’infezione da Papilloma virus allo stadio iniziale si è rivelato uno strumento diagnostico fondamentale per la prevenzione. Il test è utilizzato per un normale screening primario in aggiunta al pap test, nel caso in cui il pap test abbia individuato alcune anomalie, nel monitoraggio del CIN 1-2 (neoplasia intraepiteliale cervicale), per verificare se regredisce persiste o progredisce) e nel follow up di altre patologie alla cervice uterina. 

La famiglia del Papilloma Virus è composta da un centinaio di tipi diversi, di cui otto sono considerati ad alto rischio oncogeno, i più diffusi sono l’HPV 16/18/45/56, quelli meno frequenti il 31/33/35/51/52, sette, invece, si sono rilevati meno aggressivi e vengono considerati a basso rischio, HPV 6/11/42/43/44/54/55. I soli genotipi 16 e 18 causano circa il 70% dei casi a livello mondiale.La positività al test non deve allarmare, spesso l’ infezione è solo transitoria perché il nostro sistema immunitario è in grado di debellarla. Solo una piccola percentuale di infezioni da HPV può evolvere in cancro, sarà il medico a decidere, di volta in volta, in base all’età della paziente e al suo quadro clinico, gli accertamenti da effettuare. La pericolosità dell’infezione da HPV è proporzionale alla sua persistenza, la possibilità di sviluppare un tumore maligno al collo dell’utero è legato alla durata dell’infezione. Le cellule della cervice uterina più stanno a contatto con il virus HPV più rischiano di trasformarsi in cellule tumorali.

Il prelievo del materiale biologico avviene con la stessa modalità della colpocitologia (pap test). L’esame va eseguito 5 giorni prima o dopo il termine delle mestruazioni, a 2 giorni di distanza dall’ultimo rapporto sessuale e 5 giorni dopo l’utilizzato di ovuli, creme o lavande vaginale o un’eventuale visita ginecologica.

 

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25 agosto 2011 4 25 /08 /agosto /2011 23:28

stress_lavoro_ufficio.jpgLo stress è collegato allo sviluppo di tumori e altre malattie. Un recente studio ha scoperto il meccanismo biochimico attraverso il quale lo stress provoca danni al nostro Dna.

 

Che lo stress provochi danni al nostro organismo è noto da tempo, quello che non si sapeva era come lo stress riuscisse a modificare la struttura cromosomica del Dna. Un passo avanti in questa direzione arriva da uno studio condotto da Robert J. Lefkowitz e la sua equipe, alla Duke University Medical Center di Durham in North Carolina (Usa), pubblicato sulla rivista Nature. I biologi guidati da Lefkowitz hanno somministrato per quattro settimane a topi da laboratorio una sostanza simile all’adrenalina, simulando una reazione da stress cronico. Questa molecola legandosi a specifici recettori cellulari ha creato un composto in grado di ridurre i livelli della proteina p53 che, oltre a regolare il ciclo cellulare, ha una funzione di soppressore tumorale fondamentale per l’organismo.

In sintesi la sostanza somministrata alle cavie, per simulare lo stato di stress, legandosi con i recettori beta adrenergici, situati sulle membrane cellulari, ha provocato due reazioni biochimiche. La prima avviene con i recettori beta adrenergici, la secondo chiama in causa le proteine beta-arrestine. Le due reazioni hanno provocato un abbassamento dei livelli della proteina p53 e un conseguente danneggiamento del Dna.

Il team guidato da Lefkowitz precisa che quello da loro condotto è il primo studio in grado di “rilevare il meccanismo specifico con cui è possibile stabilire lo stress cronico o un eccesso di adrenalina elevata, come possibili cause dei danni rilevanti al Dna". "Questi risultati - dichiara Lefkowitz - potrebbero darci una spiegazione plausibile di come lo stress cronico può portare a una varietà di condizioni umane e di disturbi, che vanno da quelli puramente estetici, come i capelli brizzolati, a patologie ben più gravi, come i tumori maligni". Oltre a causare l’insorgenza di neoplasie lo stress cronico provoca invecchiamento precoce, malattie neuropsichiatriche e nelle donne in gravidanza aumenta il rischio di aborti spontanei. Ci si augura che gli studi vadano avanti in questa direzione e presto si scopra un antidoto in grado di renderci immuni allo stress e ai danni che provoca alla nostra salute.

 

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